domenica 6 ottobre 2019

FICHTE:
       IDEALISMO SOGGETTIVO O ETICO

    La filosofia di Fichte viene definita idealismo soggettivo(o etico) perché elimina il noumeno kantiano (ritenuto qualcosa di contraddittorio: se esso è inconoscibile, allora non è lecito, sul piano teoretico, affermarne o negarne l’esistenza) e riduce tutta la realtà a rappresentazione o atto del soggetto (Io).
    Principio di ogni cosa è dunque l’Io puro, cioè non l’Io empirico di questo o di quell’uomo, ma l’Io nella sua universalità, come natura costitutiva di qualsiasi uomo.
    L’Io puro viene inteso da Fichte non come una sostanza stabile e permanente, ma come un’attività che non subisce imposizioni dall’esterno, ma cerca e costruisce da se stessa la propria verità e la propria felicità. In questo egli è vicino alla concezione dell’uomo elaborata nel Rinascimento: l’uomo è l’unica creatura la cui essenza consiste nel non avere un’essenza prestabilita, ma che è chiamato a darsela secondo le proprie scelte. Ma questa concezione dell’uomo va ricondotta anche all’atmosfera illuministica entro cui il filosofo è vissuto: l’idea che l’uomo possa dominare la realtà con la propria ragione e con il proprio spirito, trova un corrispettivo metafisico nell’elaborazione della teoria idealistica secondo cui tutto è spirito e nulla si sottrae alla razionalità umana: tutta la realtà è spirituale e razionale, nessun “noumeno” limita l’uomo.
    Proprio per esplicare la sua natura attiva, l’Io pone il non-Io, ovvero l’ostacolo che deve  necessariamente avere davanti e tentare di superare. Non c’è infatti alcuna attività se non vi sono ostacoli da superare. Solo così è possibile intendere l’Io come un’attività. 
    Nel porre davanti a sé l’ostacolo (che Fichte chiama non-Io), l’Io si limita e diventa molteplice. Ecco allora che dall’unicità dell’Io puro indivisibile si passa alla molteplicità degli Io empirici, che costituiscono l’umanità.
    Questo triplice processo che spiega la derivazione di tutta la realtà dall’Io, viene riassunto da Fichte in tre momenti, che egli chiama “i tre principi della dottrina della scienza”
a) l’Io pone se stesso; 
b) l’Io pone il non-Io; 
c) nell’atto di limitarsi ponendo il non-Io, l’Io diventa molteplice e si frantuma in una moltitudine di Io empirici.
    E’ un processo logico e non cronologico. Va inteso perciò come qualcosa di eterno e fuori dal tempo. Ciascuno dei tre momenti non viene uno dopo l’altro ma ciascuno implica logicamente l’altro, come in una una formula matematica: i singoli elementi di cui essa è costituita non vengono uno dopo l’altro, ma si implicano e si comprendono a vicenda, tanto che nell’atto in cui si parla dell’uno occorre fare necessariamente riferimento all’altro e non è possibile isolarli e separarli.  
    Il compito dell’uomo, ovvero dei singoli Io empirici derivanti dalla frantumazione dell’Io puro, è quello di superare la scissione raggiungendo la situazione dell’Io puro privo di limiti e di ostacoli, perciò libero e infinito, incondizionato, non limitato da nulla. Ecco allora che per gli Io empirici, questo processo di superamento del non-Io può essere inteso solo come un ideale; cioè non è mai  una realtà in atto ma una meta ideale del loro agire. Fichte sostiene che per gli Io empirici l’infinito e la libertà non esistono come realtà in atto, ma come continuo sforzo o tensione per raggiungerli (Streben). Meglio parlare perciò di infinitizzazione più che di infinito, per gli uomini. 
    Il processo di infinitizzazione degli io empirici va inteso come un processo inesauribile, perché deriva dalla stessa struttura logica (e non cronologica: non ha perciò un inizio e una fine, ma è eternamente in atto nelle stesse modalità) della realtà (Io – non-io – frantumazione degli io e loro tentativo di ripristinare l’unità originaria). 
    Ciò spiega anche perché l’idealismo di Fichte viene caratterizzato come idealismo etico: l’Io empirico è costituito da un preciso compito, un dovere inesauribile, di superamento del limite, che si rivela essere la caratteristica principale del suo essere. 
    Dal punto di vista politico, Fichte sostiene che l’integrazione dei diversi popoli condurrà alla ricomposizione dell’intera umanità in un unico Io, riaffermando l’unità originaria. In questo processo di integrazione il popolo tedesco ha un ruolo di guida: da qui il nazionalismo di Fichte.

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